

Facciamo una breve cronistoria della carriera dirigenziale di Paolo Maldini al Milan per capire come la decisione di averlo esonerato non possa essere stata un fulmine a ciel sereno.
Paolo Maldini viene corteggiato da Fassone e Mirabelli quando il Milan era in mano (si sa poi quanto saldamente…) al cinese Yong Hong Li. L’ex-bandiera rossonera rifiuta ma nel 2018 cede poi alle lusinghe del Milan di Elliott, divenuto il nuovo proprietario, evidentemente perché rassicurato dal progetto americano. Nel 2018 si insedia anche Ivan Gazidis come Amministratore Delegato (CEO) e tra le varie figure entrano anche Geoffrey Moncada come Responsabile del Reparto Scouting, dove entra anche Hendrik Almstadt (del quale parleremo più avanti).
Nel giugno del 2019 Maldini passa poi dal ruolo di Direttore dello Sviluppo Strategico dell’Area Sportiva alla Direzione Tecnica della stessa, occupandosi pertanto di tutte le sue attività e le priorità del momento, rappresentate dalla campagna trasferimenti, la pianificazione dei vari settori in vista del raduni estivi e degli impegni di precampionato. In questa nuova veste lavora a stretto contatto con il nuovo Chief Football Officer Zvonimir Boban. Come Direttore Sportivo viene assunto Frederic Massara.
Nell’ottobre del 2019 viene assunto Stefano Pioli come tecnico in sostituzione di Marco Giampaolo, voluto da Maldini. Boban invece verrà poi licenziato “per giusta causa” per aver dato contro la società in una intervista alla Gazzetta dello Sport divenuta ormai famosa. Le mansioni di Boban vengono assorbite internamente. Viene stretto il patto tra Gazidis, Maldini, Massara e Pioli per un nuovo corso invece che far arrivare Ralf Rangnick, voluto dal CEO.
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