I soliti due partiti
Ogni qualvolta succede qualcosa in Italia, si formano due partiti: quelli a favore e quelli contro.
Per qualsiasi cosa … anche la più futile anzi, qualcuno direbbe soprattutto per la più futile. E questo succede anche nel calcio. Il Milan ha giocato sabato sera, siamo a martedì e sono tre giorni che si va avanti a parlare della scenetta del cooling break di Theo e Leao. Tre giorni … francamente sono anche stufo.
Non vi dico sui social … specialmente in quella fogna che è diventata Twitter da quando Elon Musk lo ha comprato e rinominato X. Poi vanno ad arrestare Pavel Durov, fondatore di Telegram, con la scusa ufficiale che sia un social senza controllo … ovviamente i motivi sono ben altri ma non è questo l’argomento di questo post.
Parlavo del partito dei pro e di quello dei contro Leao … soprattutto lui, più che Theo.
Gente che è addirittura arrivata a scagliarsi contro il giocatore appellandolo sui social come “il nuovo Balotelli”, insinuando che il suo comportamento sia simile a quello dell’italiano. Rafael Leao non ha mai saltato un allenamento per aver fatto le ore piccole oppure perché si dimostrasse una testa calda come Balotelli. Ha sempre lavorato in gruppo e ha sempre fatto (bene o male) ciò che l’allenatore gli chiedeva.
Personalmente, e non lo dico da ieri, ho sempre pensato che se nella sua testa quel meccanismo che ogni tanto si inceppa riesce a fare il “click” giusto può diventare un giocatore da 20-25 gol e 20 assist a stagione … deve trovare le motivazioni … lo ha dimostrato nei 20 minuti in cui ha giocato contro la Lazio.
Si dirà che è l’allenatore che deve motivare i calciatori e posso anche essere d’accordo con questa affermazione ma non si può dire che Stefano Pioli sia mai stato un cattivo motivatore o che Zlatan Ibrahimovic o Olivier Giroud o Simon Kjaer non siano mai stati da buon esempio di dedizione e professionalità in campo insegnando qualcosa al ragazzo … eppure spesso siamo qui a dirci che Leao è a tratti una forza della natura, a tratti svogliato, a tratti trotterella in campo oppure è incontenibile in maniera entusiasmante o che fa gol incredibili … è solo nella sua testa che deve succedere il fatidico “click”.
Si dirà che in fondo sono tutti dei ragazzotti che pensano solo alla musica, ai bei vestiti e che quindi ci sono delle figure in società che li devono far crescere e spronarli. In fondo è calcio … mica stiamo parlando di un’azienda con un progetto per il quale si chiedono risultati ai propri dipendenti…
Beh … io non faccio parte del partito contro Leao (o Theo) ma nemmeno di quello a favore.
Conseguentemente non faccio parte del partito pro società o allenatore e quindi nemmeno di quello contro ma mi limito ad osservare, facendo i miei personali ragionamenti.
Leao, Theo e tutti gli altri sono dipendenti di un’azienda. In particolare sono dipendenti pagati fior di quattrini. Sottoscrivono dei contratti milionari per i quali sono chiamati a fornire determinate prestazioni. Come in tutte le aziende possono fornire prestazioni super così come possono avere anche l’annata in cui non raggiungono l’obiettivo stabilito dall’azienda … e scusate se chiamo il Milan o qualsiasi altra società di calcio un’azienda ma è così che è la faccenda.
Alla fine della stagione la società fa una previsione di bilancio, stanzia un budget per il mercato già stabilendo quelli che saranno gli obiettivi per la stagione successiva. Una cosa che fanno, più o meno, tutte le aziende … che vendano prodotti chimici, pasta, abbigliamento, motociclette, bicicletta o calcio.
Che per alcune il budget venga fatto con tagli oppure con investimenti pubblicitari e che per altre venga fatto con acquisti di cartellini di giocatori , la sostanza non cambia molto.
I dipendenti di queste aziende sono chiamati ogni anno a raggiungere gli obiettivi stabiliti, dando il massimo perché sono pagati per fare quello. Nella maggioranza dei casi questi dipendenti poi vengono fatti oggetto di una valutazione a metà anno ed un’altra a fine anno per giudicare se hanno fatto il massimo per il raggiungimento del target. In alcuni casi fortunati prendono anche un premio se sono stati bravi … spesso prendono solo complimenti e mantengono il posto di lavoro e nei casi in cui falliscono, alla terza valutazione negativa se ne devono andare.
Qui invece vogliamo giustificare i calciatori perché “signora mia, in fondo so’ ragazzi!” e in quanto tali hanno bisogno di supporto, contatto umano, il dialogo continuo, la carezza sulla testa, il farli sentire amati e coccolati … giusto, tutto giusto … specialmente perché sono ragazzi che rappresentano soldi che arrivano da merchandising, sponsor e altro. Però ci deve essere un limite.
Così come c’è nelle “aziende normali” anche in una società di calcio (e quindi in una squadra) ci devono essere regole stabilite su chi comanda e chi esegue e al terzo anno in cui non si rende (ovvero la terza valutazione di cui sopra) si è invitati ad andarsene.
Vale per i giocatori ma anche per gli allenatori o anche per i dirigenti.
Quindi, ripeto, non mi ci metto in nessun partito, in nessuna corrente.
Proprio oggi sulle pagine della Gazzetta dello Sport leggo che, subito dopo la partita a Roma , c’è stato un chiarimento tra Fonseca e Moncada con Theo e Leao nel quale i giocatori hanno confermato ciò che il terzino francese ha dichiarato a MilanTV e a quanto si legge è stato detto che la società non tollererà certi atteggiamenti, volontari o involontari che siano, che Fonseca è al comando e che quindi bisogna accettare le sue decisioni.
Pertanto, dopo tutto il romanzo che è stato narrato dalla stampa nel weekend e ieri, oggi viene tutto ridimensionato e chiarito.
Vero o non vero, a quanto pare un intervento della società c’è stato. Linea morbida? In ogni caso c’è stato un chiarimento su chi o cosa.
Ibrahimovic si è fatto sentire telefonicamente … poteva evitare di andare in vacanza proprio adesso?
Francamente per me sì, poteva evitarlo ma se al suo capo (Cardinale) va bene così posso pensare che abbia ritenuto che potesse farlo.
Ad esempio proprio perché, come dice la Gazzetta, Fonseca e Moncada vengono ritenuti adeguati a risolvere questo tipo di crisi …
Non è la prima volta che a fronte di una valutazione negativa questo o quel dipendente viene allontanato. Succede in qualsiasi azienda ed è successo anche al Milan … e non sarà nemmeno l’ultima volta, credetemi. Però, così come gli allenatori o i dirigenti vengono allontanati o fatti allontanare perché non consoni al progetto o non adeguati al raggiungimento degli obiettivi e non hanno bisogno di supporto emotivo o motivazionale perché le loro motivazioni si chiamano denaro e successo, altrettanto si deve fare con i giocatori specialmente quando sono ormai affermati a livello internazionale e non più ragazzini provenienti dalle giovanili.
Quindi inutile dire che questo o quel dirigente non si fa vedere a Milanello o non parla con i giocatori … non trattiamoli da bambini.
Hanno la prontezza di rispondere che non era un atto di protesta ma solo una circostanza particolare?
Perfetto! Allora devono avere altrettanta prontezza ad eseguire ciò per cui vengono profumatamente pagati … e lo dico senza parteggiare per loro o per andare contro di loro.
Concludo dicendo che tutte le crisi possono essere risolte e in una squadra, in quanto tale, si possono risolvere solamente lavorando tutti insieme remando nella stessa direzione.
Proprio come in tutte le aziende …
Fabio Caserini è tifoso milanista fin dall’età di sei anni, quando Gianni Rivera consegnò lo scudetto al Milan grazie ad un suo goal contro il Brescia.
È Direttore Responsabile di RossoneroBlog e insieme ad altre 5 persone è co-fondatore del gruppo privato Facebook Casa Rossonera
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