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ANALISI DELLE SCELTE DIRIGENZIALI E DELL’ASSENZA DI UNA VISIONE A LUNGO TERMINE NEL PROGETTO DEL CLUB
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Pensando alla situazione piuttosto deludente del Milan in questa stagione, ho riflettuto sul ruolo dell’allenatore.
Al momento non si può ancora parlare di una stagione fallimentare e, in fondo, il Milan non sta lottando per la retrocessione né galleggia a metà classifica. Certo, qualcuno dirà che, dato lo status che il Milan ha sempre avuto, non dovrebbe trovarsi in questi due scenari, ma io credo che, quando le cose non vanno come previsto, si tende a ricordare solo i bei tempi andati, mentre quelli brutti – ormai passati – finiscono nel dimenticatoio.
Ci sono stati tempi favolosi con allenatori vincenti, ma anche periodi disastrosi con allenatori da dimenticare. Quindi, facciamo un ragionamento sul ruolo del tecnico in panchina.
Julian Nagelsmann, giovane allenatore di successo, attuale commissario tecnico della nazionale tedesca e con un passato vincente ad Hoffenheim, RB Lipsia e Bayern Monaco, ha recentemente sottolineato come, in generale, i club investano enormi risorse – sia economiche che umane – nello scouting dei giocatori. Al contrario, la selezione degli allenatori è spesso fatta in modo superficiale.
Eppure, nonostante il dispendio di denaro ed energie per trovare i profili migliori per la squadra, quando i risultati non arrivano, il primo a pagare è sempre l’allenatore, e il suo licenziamento viene visto come la soluzione a tutti i problemi. Proprio in questi giorni, Sergio Conceição ha dichiarato che tiene sempre le valigie pronte. Eppure, sappiamo – e il Milan attuale ne è un esempio lampante – che cambiare allenatore in corsa non risolve magicamente tutte le carenze, anche strutturali, di un club, e non garantisce mai il successo.
Ciò che invece garantisce il successo di una squadra, e più in generale l’inizio e il proseguimento di un ciclo, è una strategia a lungo termine. A questo punto, quando parliamo di “lungo termine”, dobbiamo anche parlare di “programmazione”.
Programmare significa pensare con attenzione a cosa fare per raggiungere determinati obiettivi sportivi. Ormai è un mantra che ripeto sempre, ma credo che tutti lo sappiano a memoria: qual è l’obiettivo di Red Bird nel voler acquistare il Milan?
Red Bird, ormai noto anche ai più scettici, è un fondo di investimento specializzato in Sport Business. Il suo scopo è acquisire società sportive (in tutto o in parte), farle crescere, raggiungere determinati risultati sportivi per aumentare le entrate finanziarie, e reinvestire questi ricavi nella rosa per puntare ancora più in alto. L’obiettivo finale è rivendere la società a un prezzo almeno triplicato rispetto all’investimento iniziale, dividendo poi i guadagni tra gli investitori. Mi scuso per il riassunto necessario, ma è fondamentale per comprendere il concetto successivo.
Ed è proprio qui che si manifesta il “classico errore” sulla programmazione. Qual è stato l’errore principale di Red Bird? Ormai è evidente: dopo aver fatto un mercato estivo senza consultare il nuovo allenatore, e aver deciso di puntare su due allenatori di medio livello – prima Lopetegui e poi Fonseca – senza nemmeno chiedere loro un parere sulle scelte di mercato, l’errore palese è stato proprio la mancanza di “programmazione”.
Ma non parlo di quella economica, che sono convinto abbia un piano ben definito che Red Bird vuole e deve seguire a tutti i costi. Parlo della “programmazione sportiva”, che avrebbe dovuto andare di pari passo con quella economica, e che avrebbe dovuto essere applicata con molta più attenzione. Perché solo con una programmazione sportiva fatta a regola d’arte, i risultati sportivi avrebbero potuto essere migliori, allineandosi alle ambizioni economiche di crescita del club.
Si sarebbe dovuti partire da alcuni aspetti fondamentali. Primo fra tutti, non si sarebbe dovuta cancellare la figura del Direttore Sportivo, né tantomeno si sarebbe dovuto credere che i suoi compiti potessero essere suddivisi tra tre manager con scarsa esperienza in questo campo.
Il DS non solo è capace di portare giocatori grazie alla sua esperienza e alla rete di contatti, ma è anche la figura che può consigliare quale allenatore sia più adatto a un progetto, conciliando le esigenze sportive – con le loro ambizioni – con quelle economiche.
In secondo luogo, il DS è la figura di garanzia per l’allenatore. Se si vuole iniziare un ciclo e ottenere risultati sportivi di un certo livello, bisogna costruire con pazienza. Un allenatore non va valutato solo per i risultati immediati, ma anche per la sua capacità di costruire un’identità di squadra, valorizzare i giocatori e portare avanti un progetto tecnico.
Faccio un esempio eclatante: Jürgen Klopp, nei suoi quasi nove anni come allenatore del Liverpool (2015-2024), non ha vinto subito la Champions League o il campionato inglese. La Coppa dalle Grandi Orecchie è arrivata nella stagione 2018/19, dopo tre anni di lavoro, mentre il titolo di Premier League è arrivato un anno più tardi. Non parliamo poi delle altre coppe vinte: tutte successivamente al biennio 2019/2020. Con una programmazione ben fatta, Klopp ha cominciato a vincere qualcosa solo tre-quattro anni dopo essersi seduto sulla panchina di Anfield.
In conclusione, l’errore di Red Bird, e di Gerry Cardinale, non sta nel progetto, ma nell’approccio. Hanno pensato di affidare le redini di una società risanata da Elliott Investments a tre uomini, i cui compiti precedenti erano ben altri, senza però avere l’esperienza necessaria per far crescere la squadra a livello sportivo.
Per carità, nessuno mette in dubbio le qualità di Giorgio Furlani nell’amministrare una società, o quelle di Geoffrey Moncada nel scoprire talenti tramite la sua rete di scout. Nessuno dei due però possiede le capacità di un Direttore Sportivo con grande esperienza, come, per esempio, Giovanni Sartori (ex DS del Bologna) o Andrea Berta (ex DS dell’Atletico Madrid), entrambi eccellenti nel far crescere squadre, scoprire talenti e conciliare le esigenze economiche della società. L’errore è stato anche affiancare Furlani e Moncada a Zlatan Ibrahimovic, un campione sul campo, ma che finora non ha mostrato di possedere l’umiltà e le competenze necessarie per ricoprire un ruolo dirigenziale.
Ci sono molti segnali che indicano come la “programmazione sportiva” del Milan sia stata gestita male, e che sia stata invece fatta esclusivamente in funzione di quella economica. Non voglio ripetere ciò che ho già scritto, ma un altro esempio è rappresentato da “Milan Futuro”. Un progetto sulla carta ottimo – far crescere giovani in Serie C per poi promuoverli in prima squadra – ma affidato a un Direttore americano, Zirovski, amico di Ibrahimovic, che arrivava dai LA Galaxy (un campionato ben diverso dalla Serie C italiana) e che non conosceva affatto la realtà della nostra terza serie.
Infatti, dopo aver raggiunto la terzultima posizione in classifica, il Milan ha dovuto correre ai ripari e portare in squadra giocatori non più giovanissimi, ma con esperienza in Serie C, per cercare di evitare la retrocessione in Serie D. Un progetto che rischia il fallimento.
In sintesi, se nell’immediato possiamo arrabbiarci con Conceição per alcune sostituzioni incomprensibili o con alcuni giocatori per prestazioni deludenti, la realtà è che il Milan attuale è figlio di molte decisioni sbagliate prese dalla dirigenza, a partire dalla cima della piramide, dove sono stati affidati compiti a uomini che non avevano le competenze necessarie per svolgerli al meglio.
È ovvio che nel calcio moderno la pressione sia altissima e i risultati siano cruciali. Tuttavia, è anche chiaro che senza una programmazione solida e un po’ di pazienza, non si possono ottenere successi. Volete che vi faccia qualche esempio? Lasciamo stare l’Atalanta, che nonostante investimenti contenuti è stabilmente in alta classifica e in Champions, o la Juventus, che nonostante gli ingenti investimenti fatica a rimanere tra le prime quattro.
All’estero, l’esempio di “programmazione deficitaria” è il Manchester United. I “Diavoli Rossi” spendono montagne di denaro sul mercato – quest’anno ben 346 milioni – ma sono quindicesimi in classifica, pari ai punti del West Ham, che ha speso 200 milioni in meno. Intanto, per far quadrare i conti, continuano a licenziare personale. Alias: programmazione zero.
Ora si dice che al Milan vogliano definire il nome del nuovo Direttore Sportivo entro marzo. Mi auguro che anche questa scelta venga fatta in base a una logica di programmazione sportiva, e non solo economica.
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Fabio Caserini è tifoso milanista fin dall’età di sei anni, quando Gianni Rivera consegnò lo scudetto al Milan grazie ad un suo goal contro il Brescia.
È Direttore Responsabile di RossoneroBlog e insieme ad altre 5 persone è co-fondatore del gruppo privato Facebook Casa Rossonera
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