21 Aprile 2025

RossoneroBlog

Fatti ed opinioni su AC Milan

A noi manca l’anima

Tammy Abraham, dopo il suo gol in Milan-Fiorentina

Questa è un’affermazione che, in una chat privata, ha fatto il nostro Fiorenzo Marcon, parlando dei problemi che affliggono il Milan in questa stagione e di cosa si dovrebbe fare per risolverli nella prossima.

Lasciatemi dire che condivido profondamente questa frase, soprattutto alla luce di un’altra affermazione fatta recentemente da Mike Maignan.

Il portiere francese, dopo Milan-Fiorentina, ha risposto in maniera stizzita a una domanda di un giornalista che chiedeva di cosa avesse bisogno il Milan: “Abbiamo bisogno di persone come te che ci caricano nello spogliatoio” è stata la sua dichiarazione.

Ormai il Milan e la sua crisi sono stati analizzati in tutte le salse e da ogni punto di vista. L’andamento altalenante della squadra – che, per ora, ci ha esclusi dalla corsa Champions per la prossima stagione e da quella scudetto per l’attuale – è il frutto di una gestione condotta davvero in maniera pessima. Questo possiamo ormai affermarlo con certezza. Una gestione che ha portato il Milan a un evidente svuotamento di stimoli e di carica, elementi che invece altre squadre dimostrano di avere, soprattutto nei momenti di difficoltà.

Ma una frase come quella pronunciata da Maignan mi lascia davvero perplesso.

Abbiamo in rosa calciatori di ottima qualità, molti dei quali sono nazionali dei propri Paesi, abituati a calcare palcoscenici internazionali e a battersi con i più svariati avversari… e quindi, perché avrebbero bisogno di una balia che li carichi nello spogliatoio?

E inoltre, semmai ce ne fosse bisogno – e potrebbe anche essere comprensibile – perché, con tutto il loro curriculum, nessuno tra loro si incarica di assumere questo ruolo?

Ecco perché ritorno alla frase del titolo: a noi manca l’anima.

È vero che a livello tecnico gli errori sono stati ormai individuati. Si va dall’errata scelta dell’allenatore – quando erano disponibili e si erano offerti nomi come Conte, Sarri o De Zerbi, ma si è preferito virare su Lopetegui, poi su Fonseca, e infine arrivare a Conceição dopo aver cacciato l’ex Lille – al fatto di aver condotto un mercato senza consultare proprio l’allenatore.

Questo ha portato a spendere soldi per alcuni giocatori che poi, né al primo né al secondo allenatore, sono risultati graditi perché non adatti alla loro idea di gioco.

Un altro grave errore – ormai riconosciuto, visto che si parla quotidianamente di “casting” – è stato quello di pensare di poter fare a meno di un Direttore Sportivo. Una figura indispensabile per lavorare in sintonia con l’allenatore, sia nella fase di mercato che nella gestione quotidiana dello spogliatoio, e dotata dell’esperienza necessaria per muoversi con efficacia nelle sessioni di calciomercato.

Una persona che, insieme a un allenatore stabile (e non uno o due o tre in una stagione), possa amalgamare il gruppo e far emergere uno o due leader all’interno dello spogliatoio. Leader che possano, come chiede Maignan, motivare i compagni nei momenti di bisogno.

Manca l’anima.

Perché se è vero che alcuni giocatori, in certi momenti, reagiscono con orgoglio e ce la mettono tutta per raddrizzare le partite – come Abraham nell’ultima (vedi video), quando si è costruito da solo l’azione del suo gol, oppure Reijnders, che spesso si carica la squadra sulle spalle e dà tutto per vincere – ce ne sono altri che invece finiscono in un vortice di confusione, commettendo errori madornali. Altri ancora sembrano ormai in una fase apatica, come se non gli importasse più di cosa faccia la squadra che li paga, anche in modo importante.

A questi ultimi, però, non posso assegnare troppe colpe: la situazione è destabilizzante per tutti, tifosi e giocatori inclusi.

D’altronde, giusto per fare un esempio: come si può trovare motivazione in una squadra che ha inseguito per mesi Joshua Zirkzee, è poi ripiegata su Álvaro Morata all’ultimo giorno di mercato – dopo che l’olandese si era accasato al Manchester United – per scoprire poi che lo spagnolo, ormai involuto e irriconoscibile rispetto alla stagione precedente, dichiara di aver sbagliato ad accettare il Milan? E allora si spendono soldi per Santiago Giménez, che però non rende perché l’attuale allenatore non sa ancora come farlo giocare?

Cosa potrebbe tenere insieme i pezzi di questo Milan che, salutata definitivamente la possibilità di arrivare in zona Champions, rischia anche di dire addio all’Europa League e forse perfino alla Conference League?

Semplice: uno o due leader dello spogliatoio che si prendano l’incarico di caricare e motivare i compagni. Ma per farlo, servono uomini di carattere, parte della squadra da almeno qualche anno.

Kyle Walker, per età ed esperienza, potrebbe anche farlo, ma è appena arrivato e la sua autorità non sarebbe riconosciuta.

Altri, come Matteo Gabbia, hanno la giusta militanza ma non il carisma del leader. I nomi che vengono in mente, quindi, sono quelli di Theo Hernandez e Mike Maignan… ma il primo a volte sembra “remare contro” e il secondo è proprio colui che ha dichiarato di aver “bisogno di persone che ci caricano nello spogliatoio”.

A questo punto serve un reset, e bisogna ripartire dalla cima della piramide, con un progetto solido guidato da persone competenti e, soprattutto, adatte al proprio ruolo.

Pertanto, Giorgio Furlani dovrà tornare a occuparsi dei compiti propri di un Amministratore Delegato, ovvero amministrare le finanze e avere l’ultima parola su come spenderle. Il Direttore Sportivo dovrà necessariamente arrivare e lavorare in comunione sia con Furlani che con il nuovo allenatore, il quale dovrà avere voce in capitolo nelle scelte di mercato.

Nutro qualche dubbio sulla figura di Geoffrey Moncada, che dovrà tornare a fare il suo mestiere di scout: sarà comunque da valutare se mantenerlo o meno.

Una volta consolidata la cima della piramide con ruoli ben definiti e un progetto chiaro, a cascata arriveranno le scelte per i giocatori funzionali al progetto, sia a livello tecnico che caratteriale.

In fondo, quando Ibrahimović tornò in squadra per gli ultimi due anni da calciatore, lo fece proprio per fare da leader nello spogliatoio.

Speriamo che ora si faccia da parte come manager di RedBird, con la sua forte influenza sul Milan, e continui a lavorare su più ampia scala per i progetti del fondo americano.


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