7 Gennaio 2025

RossoneroBlog

Fatti ed opinioni su AC Milan

È una questione di stile e di metterci la faccia

Paulo Fonseca

In quest’epoca di intellettuali pop e celebrità della carta stampata, alla Saviano, alla Tommasi o alla Scanzi per intenderci, mancano profondamente i veri uomini. Quelli di stile, quelli che, nonostante tutto, ci mettono la faccia.

La vicenda di Paulo Fonseca lascia parecchio sconcertati, non tanto per la sostanza – un esonero di un tecnico ci può stare, specie se i risultati non arrivano – quanto per la forma.
Un uomo lasciato solo, in balia dei giornalisti, ai quali da ore era già stato preannunciato il suo destino, a prescindere dall’esito della partita contro la Roma.

Un tecnico probabilmente scelto più per questioni di cachet che per meriti tecnici: la clausola nel suo contratto, accettata in estate, da pochi sarebbe stata sottoscritta. Eppure, nonostante tutto, Fonseca ci ha sempre messo la faccia, lavorando fin dall’inizio in un ambiente ostile, con media e giocatori che spesso gli hanno remato contro.
Tecnicamente, l’allenatore lusitano non era il massimo, e questo si sapeva. Ma una società che si rispetti non può abbandonare così uno dei suoi uomini.

Deriso, umiliato, e sbeffeggiato persino da una parte della tifoseria – la stessa che non più di qualche mese fa chiedeva la “crocifissione” di Pioli – Fonseca, come Pioli, lascia in silenzio e con inopinato stile. Ringrazia e sottolinea di essere stato fiero e orgoglioso di aver avuto l’opportunità di allenare una squadra con la storia del Milan.

In questi giorni, immersi fino al collo in un torrente di umanità più o meno variegata, che quotidianamente trabocca dagli argini del web, mi torna in mente un passo particolare del romanzo più noto di Sciascia. Un pensiero che ben si incastra nel sipario composto da Fonseca (l’uomo), Ibrahimovic (mezzo uomo), Furlani (ominicchio), Moncada (pigliainculo) e Cardinale (quaquaraquà):

“Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà…
Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini…
E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…
E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito…
E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre…
Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo…”


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