21 Novembre 2024

RossoneroBlog

Fatti ed opinioni su AC Milan

Facile fare il grillo parlante a posteriori. Vediamo cosa farà prossimamente il Milan

© ACMilan - © Disney

L’approfondimento

di Federico Zacaglioni

Sarebbe facile fare il grillo parlante dopo la chiusura di una finestra trasferimenti di gennaio che ha visto la Premier League fare la pesca negli altri campionati. Ormai le sessioni del calciomercato sembrano una riedizione europea dei draft NBA: campioni, promesse e persino giovanissimi in luccicanti tight o in variopinti smoking, pronti a trasferirsi nel nuovo Eldorado UK, che è già una Superlega de facto.

Da quell’osservatorio sfarzoso, la nostra Serie A deve sembrare una specie di terra di conquista, di serbatoio per pingui bottini, di castello un tempo impenetrabile ma oggi dalle mura sbriciolate. Un look che più che vintage sembra da mercatino delle pulci, criticato dalle impietose analisi post-mercato di tutti gli osservatori internazionali. 
Pochi movimenti, quasi tutti di secondaria importanza, poca fantasia, poco scouting e tanti problemi, primo tra tutti quello economico.

Un panorama nel quale non spicca nessuno, nemmeno il Milan campione d’Italia che tutti aspettavano al varco, anche per un dopo Mondiale da brivido. Le scelte dell’area tecnica rossonera, però, si possono analizzare anche sotto altre angolazioni, diverse dall’aspettativa di chi alle difficoltà vorrebbe sempre rispondere col ricorso al mercato. Al di là dei discorsi su budget, extrabudget e tesoretti vari (ormai la letteratura su questo tema è uscita dalla cronaca per entrare nel mito), l’area tecnica del Milan ha fatto la scelta precisa di operare in prospettiva e non last minute.

Il primo dato che differenzia questo mercato dagli ultimi, è il risultato che Maldini e Massara hanno portato a casa sul versante rinnovi. Quelli pesanti di Theo, Bennacer, Tomori, Tonali, Kalulu, quello ormai prossimo di Giroud, che non ha ceduto alle richieste dell’Everton. Resta il discorso Leao, il più importante, ma ci torneremo. 

Altro elemento da tenere presente è quello di scenario. Il prossimo giugno il Milan dovrà prendere un secondo portiere (Tatarusanu è in scadenza e non ha convinto e Devis Vásquez, arrivato dal Guaraní, sembra più una fiche sul tavolo verde). Andrà probabilmente a pescare nella lista dei “free agent”, ma quello è un primo ruolo da coprire. 

Poi bisognerà andare a rinforzare la batteria dei terzini e dei centrali, considerando che Ballo Tourè e Florenzi quest’anno non ci sono stati praticamente mai e che Gabbia forse sarà mandato a giocare. Dest non sarà riscattato a 20 milioni. Un centrale potente e forte di testa era nei programmi di Maldini e Massara (leggi Botman) e la lacuna di un “nuovo Stam” non è stata colmata. 

Altro giro altro ruolo: un esterno polivalente, che possa giocare sulle due fasce e accentrarsi. Che il Milan cerchi questo tipo di giocatore non è un mistero, vista la corte a Zaniolo e il tentativo di chiudere il giovane cileno Osorio. 

Poi c’è necessità di una mezzala o di un mediano di peso. Il buco lasciato da Kessié accanto a Tonali e Bennacer è sin troppo evidente e condiziona anche la possibilità di cercare moduli e sistemi diversi per le diverse fasi del campionato.  Anche numericamente ci sarà lo spazio per inserire un giocatore con caratteristiche di forza fisica e capacità di inserimento e pressione. 

Infine, una punta per completare il reparto avanzato. Ibra potrebbe non esserci, Rebic ha deluso, Origi deve sbocciare. Anche qui, spazio per un inserimento c’è. Perché Giroud deve poter tirare il fiato e la squadra avere la certezza di un sostituto all’altezza. 

Ovvio che non si tratterà di acquisti a titolo definitivo per tutti i ruoli da coprire. Il Milan ci ha abituato in questi anni a formule più cautelative, da provare per credere. Giocatori, cioè, da testare e valutare prima di acquisirli o rispedirli al mittente. Non mi stupirei, dunque, se a giugno-luglio ci fosse una mezza rivoluzione intorno al nucleo storico. Si tratterebbe di 5 arrivi (se a Casa Milan decidessero di operare secondo lo schema sopra descritto), ma anche di tante partenze, soprattutto tra le seconde linee. 

La disponibilità economica per costruire questo nuovo roster è però condizionato da diversi fattori (anche qui sappiamo che la sostenibilità è il faro). 

La qualificazione Champions è il primo e più importante, per il fatturato recurrent che garantisce. Poi c’è il player trading, che consente manovre di introiti (valore economico delle cessioni), gestione degli ammortamenti e del monte stipendi. Il mancato addio di Bakayoko, che avrebbe potuto liberare risorse per un assalto più pesante per Osorio o per un all-in per Zaniolo, è emblematico. La brutta stagione che il Milan sta conducendo da dopo il Mondiale non aiuta in questo senso. Un conto è vendere con l’hype dello scudetto sul petto, un altro con quello della necessità di fare spazio a nuovi arrivi per migliorare dopo un anno deludente. 

Infine, c’è il caso Leao.  Le recenti dichiarazioni del suo entourage, le dichiarazioni d’amore del giocatore e la pervicacia della società nel cercare l’intesa, fanno pensare che l’intenzione di rinnovare il contratto col Milan sia genuina. È innegabile, però, che le esperienze fatte nel passato con Donnarumma e Kessié, impongano questa volta un atteggiamento diverso. Il Milan deve cautelarsi e se Leao non firmasse entro giugno, le possibilità che possa partire per monetizzare il suo percorso di valorizzazione sarebbero altissime. 

Per molti, si tratta di una situazione win-win. Se lo blinda, il club rossonero continuerà ad avere il fuoriclasse portoghese anche nei prossimi anni (che nei programmi saranno quelli del consolidamento nazionale ed europeo), se lo cede incasserà i soldi necessari a finanziare una campagna di rafforzamento poderosa, anche senza il suo attaccante “surfista”.  

Sullo sfondo, ultimo elemento da tenere in considerazione se si vuole analizzare la “spending capacity” del Milan, c’è forse l’elemento più rilevante: il Financial Fair Play Uefa. Il club, va ricordato, ha accettato un piano triennale per rientrare nei paletti europei pagando una multa da 2 milioni di euro. Più eventuali altri 13 milioni, qualora le condizioni non venissero rispettate. Il settlement agreement sottoscritto dal club allora guidato da Ivan Gazidis prevede il raggiungimento graduale del break even nei tempi stabiliti (il 2024/25), con una serie di obiettivi intermedi e un disavanzo consentito entro i 60 milioni di euro nel triennio. 
Una gabbia entro la quale muoversi piuttosto angusta, a meno di ingenti ricapitalizzazioni da parte della nuova proprietà che – però – deve ancora completare il riscatto della quota di minoranza da Elliott (vendor loan) e che quindi, presumibilmente, impiegherà in quella direzione l’equity raccolto nelle campagne di fund raising che periodicamente Gerry Cardinale organizza tra i suoi investitori. 



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