

Recentemente, Gerry Cardinale, invitato alla “19th Annual MIT Sloan Sports Analytics Conference”, presentata da ESPN e 42 Analytics, ha partecipato al panel “Costruire imperi sportivi con un taglio imprenditoriale”, durante il quale ha rilasciato alcune dichiarazioni.
Tra gli elogi alla gestione del Liverpool, da parte del Fenway Group di cui è socio di minoranza, la dichiarazione che più mi ha colpito è stata: “In Europa i top team sono guidati da persone più avvezze al lato sportivo, mentre negli Stati Uniti da persone più orientate verso il business. C’è una differenza importante nel modo in cui vengono portati avanti i modelli di business”.
Considerando la stagione in corso, che ci ha regalato più delusioni che gioie, lo scopo di questo mio articolo è cercare di capire come mai un manager che ha trascorso oltre vent’anni in Goldman Sachs, gestendo un portafoglio di clienti già ricchi e contribuendo a farli diventare ancora più ricchi, e successivamente fondando la RedBird Capital Partners, specializzata in Sport Business, non sia ancora riuscito a trovare la quadra per il Milan in due anni.
La frase riportata sopra è emblematica. Vi faccio un esempio lampante per spiegare di cosa parlo.
Prendendo in esame la sola NFL (National Football League), ovvero la lega professionistica americana di football – che negli USA tutti sappiamo non corrisponde al nostro calcio – possiamo notare una caratteristica comune anche al basket, al baseball e all’hockey: molte squadre, nel corso dei decenni, hanno cambiato città e spesso anche stato. Alcuni esempi:
• I Rams, nati a Cleveland (Ohio), dopo la conquista del titolo si sono trasferiti a Los Angeles (California).
• I Cardinals, fondati negli anni ’20 a Chicago (Illinois), si sono trasferiti a St. Louis (Missouri) negli anni ’60 e poi, nei primi anni 2000, a Phoenix (Arizona), diventando gli Arizona Cardinals.
• I Chargers, passati da San Diego a Los Angeles, senza cambiare stato.
• I Chiefs, originariamente nati come Texans, si sono poi trasferiti nel Missouri, assumendo l’attuale denominazione di Kansas City Chiefs.
• I Redskins, da Boston (Massachusetts) a Washington (D.C.).
• Gli Houston Oilers (Texas), trasferitisi in Tennessee, dove sono diventati i Tennessee Titans.
• Gli Oakland Raiders (California), spostatisi a Las Vegas (Nevada).
Questo elenco, parziale e relativo alla sola NFL, dimostra come il cambio di città sia una prassi comune anche in altri sport. Nel baseball, i Dodgers e i Giants di New York si trasferirono a Los Angeles, lasciando gli Yankees a rappresentare la Grande Mela. Nel basket, i mitici 76ers di Philadelphia, quelli del grande Julius Erving, potrebbero a breve cambiare città.
Perché avviene tutto questo? La risposta è semplice: per ragioni economiche. Negli USA, alcune città sono disposte a pagare milioni di dollari alla Lega (NFL, NBA o altro) per attirare una squadra. La decisione finale sul trasferimento spetta alla Lega stessa, che valuta il beneficio per la squadra e per il campionato, basandosi su parametri come il bacino d’utenza, i diritti TV e altri fattori.
Il tifoso americano può tifare per i Rams o per i Redskins perché, quando ha iniziato a seguirli da bambino, erano magari la squadra della sua città d’origine, ma continua a farlo anche se la franchigia cambia città o stato.
Oltre alla mobilità delle squadre, esiste un’altra grande differenza tra lo sport nordamericano e quello europeo: nei campionati professionistici americani non esistono promozioni o retrocessioni.
Per ciascuno sport principale (basket, football, hockey, baseball e persino calcio) esiste un solo campionato professionistico con un numero chiuso di partecipanti, compreso tra 29 e 32 squadre. Qui si concentrano le proprietà più ricche e le città più grandi o con maggiore tradizione sportiva, per massimizzare interesse e ricavi. La Lega decide periodicamente – ma raramente – se espandere il numero di squadre, includendo nuove realtà.
Le franchigie, dunque, si spostano alla ricerca di nuovi investimenti. L’esempio più recente è quello degli Oakland Raiders, trasferiti a Las Vegas dopo che la città ha pagato milioni di dollari alla NFL e finanziato la costruzione dell’innovativo Allegiant Stadium (di cui ho parlato in un post precedente, confrontandolo con la vicenda San Siro).
Vi immaginate se una cosa del genere accadesse in Europa? Certo, qualche caso isolato si è verificato, ma sono eccezioni rarissime.
Pensiamo al Milan: Herbert Kilpin, arrivato da Nottingham, si trasferisce a Torino. Appassionato di football (calcio), fonda una squadra nel capoluogo piemontese, ma quando decide di spostarsi a Milano, invece di portare con sé la squadra, ne fonda una nuova, il Milan Cricket and Football Club.
Sappiamo che esistono migliaia di tifosi che tifano per squadre di città diverse dalla propria, e il Milan ne è un esempio lampante. Tuttavia, solitamente il piccolo tifoso si affeziona alla squadra che vince di più o a quella che segue il padre.
Sarebbe normale per voi se il Milan si trasferisse a Napoli, Lugano, Francoforte o Londra? Ovvio che no. Il Milan rappresenta la città di Milano e i colori rossoneri sono legati alla storia del club. Inimmaginabile pensare che possa diventare la squadra di un’altra città!
Ma gli USA non ragionano come l’Europa. Per loro, le squadre sono concesse a privati in gestione come franchigie, in modo simile alle attività di una grande catena di ristorazione. Non a caso si chiamano franchise, che noi traduciamo erroneamente con la parola franchigie.
Tornando a Gerry Cardinale, ecco perché ha affermato che “in Europa i top team sono guidati da persone più avvezze al lato sportivo, mentre negli Stati Uniti da persone più orientate verso il business”.
Il punto è capire se, dopo due anni, abbia finalmente compreso che gestire una squadra sportiva professionistica in Italia o in Europa è ben diverso che farlo negli Stati Uniti.
È facile dire “noi non siamo americani”, ma dietro ci sono differenze culturali profonde. Un esempio banale? Gli show durante gli intervalli, con cheerleader, telecamere che coinvolgono il pubblico con giochini, il lancio di gadget da parte della mascotte. Negli USA lo sport è più orientato all’intrattenimento che alla pura competizione, mentre in Europa l’approccio è opposto.
Se Cardinale ha iniziato a comprendere le specificità della gestione di un club europeo, il recente incontro a New York con Furlani (prima) e Ibrahimovic (dopo) potrebbe portare a novità importanti nell’organigramma dirigenziale del Milan, sia a livello di uomini che di compiti.
Con la speranza che questo cambiamento possa rilanciare il nostro Milan verso nuovi successi sportivi.

Fabio Caserini è tifoso milanista fin dall’età di sei anni, quando Gianni Rivera consegnò lo scudetto al Milan grazie ad un suo goal contro il Brescia.
È Direttore Responsabile di RossoneroBlog e insieme ad altre 5 persone è co-fondatore del gruppo privato Facebook Casa Rossonera
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