- Il pensiero di Antonio Scibetta
Forse il bello della vita è affacciarsi la sera su un davanzale e guardare il cielo scuro immaginando cosa potrà riservarti il domani, consapevole comunque che ciò che accadrà non potrà mai essere del tutto programmato. Qualunque cosa tentiamo di fare, quella non potrà andare in maniera perfetta, esattamente come desideriamo.
Immaginiamo di sapere che ogni partita o sfida che giochiamo non possiamo fare altro che vincerla, siamo in assoluto i più forti di tutti e di tutto, compreso il fato, per quanto gli avversari si impegnino, non hanno alcuna speranza contro di noi.
Veramente possiamo pensare che vincere facile ci possa dare la più grande soddisfazione? È più probabile che ad un certo punto avvertiamo un senso di inutilità, una sensazione che ci farà sentire di stare vivendo la vita inutilmente. In sintesi, possiamo certamente affermare che negli assoluti non vi è felicita e soddisfazione; il maggiore appagamento possiamo trovarlo soltanto nel relativo, nell’equilibrio, nel bilanciamento tra due stati, siano essi bene e male; ricchezza e povertà; o gioia e dolore.
Questa premessa di natura filosofica mi sembrava doverosa, considerando l’attuale situazione del Milan tra infortuni, malattie e solite rogne di mercato. Si è tanto scritto e parlato sulle presumibili cause degli infortuni del Milan, c’è chi come Serafini ha immaginato un processo, con imputati, colpevoli e testimoni; chi, come i social ed i cosiddetti “leoni da tastiera”, ha puntato il dito direttamente sui preparatori atletici. “Chissà perché capitano tutte a me”; io preferisco non cercare cause e colpevoli, perché è solo sfortuna, maledetta sfortuna.
Non posso che trovare nel destino avverso la causa di Covid, infortuni a polsi, gambe, etc. La varietà di casi è così estesa che non possono essere ricondotti a nessun particolare motivo scientifico. Dobbiamo solo sperare che nelle avversità i ragazzi riescano a tirare fuori il meglio di loro, come del resto hanno fatto più volte lo scorso campionato. A tal proposito abbiamo già provato cosa vuol dire lottare contro infortuni ed avversità e abbiamo provato pure la soddisfazione di arrivare secondi, nonostante tutto, lottando fino all’ultima giornata.
Magari se fosse andato tutto liscio avremmo imprecato di più per non essere arrivati primi. Guardiamo da un’altra prospettiva: certamente è più bello arrivare agli obiettivi quando facciamo una strada in salita. Il gusto della vittoria ha un sapore diverso. A mio avviso chi sostituirà i vari Maignan, Hernandez, Diaz sarà all’altezza e non farà pesare le assenze. D’altronde, nel calcio come nella vita, tutti siamo utili ma nessuno è indispensabile.
Indispensabile nessuno, anche chi non vuole più indossare la gloriosa maglia del Milan per qualche milione in più.
Sì perché non solo la società deve lottare contro gli infortuni ma anche contro “radio mercato”, che non si accontenta più di marciare sul caso Kessie, ormai dato scontato partente a parametro zero, ma adesso prova ad accendere la miccia su altri casi come le sirene su Theo Hernandez. Probabile che di questo passo la gente si disamorerà completamente di questo calcio in mano ai procuratori e agli sceicchi del deserto e forse, come ha scritto Mauro Suma, “preferirà il lago o la montagna la domenica” fregandosene degli stadi e delle comode poltrone davanti alla TV.
La gente penso vuole continuare a sognare col calcio perché è uno strumento per uscire fuori dalle preoccupazioni quotidiane ma il calcio deve rimanere comunque un gioco pulito e senza trucchi, altrimenti si cercherà di evadere con altri sport.
Come diceva un brano di una canzone: “Voglio un sogno e voglio un senso / Voglio una partita che mi faccia dare il meglio / Che questa vita sia la mia strada in salita…”
Antonio Scibetta è un appassionato tifoso milanista, editorialista attento e preciso. Come gli altri collaboratori di questo sito è membro del gruppo privato Facebook Casa Rossonera
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