
Dopo un anno disastroso, i rossoneri voltano pagina con Tare e Allegri. Addii eccellenti in vista, ma la linea è chiara: nessuno è indispensabile. Finalmente si torna a costruire una squadra vera.

Sì, lo ammetto: sono un tifoso atipico. Nonostante la mia lunga militanza rossonera – seguo il Milan dal lontano 1966, anno dello scudetto conquistato grazie a un gol di Rivera contro il Brescia – cerco sempre di analizzare la situazione con razionalità, anche quando la delusione e la rabbia rischiano di prendere il sopravvento. E proprio per questo motivo ritengo che la narrazione secondo cui la dirigenza milanista non sappia trattare con i propri giocatori sia una semplificazione fuorviante, che non regge a un’analisi più attenta.
Chiariamo subito: non si tratta di assolvere il cosiddetto “Gruppo di Lavoro” – di cui conosciamo benissimo i protagonisti – da colpe evidenti. Una parte consistente della stagione disastrosa appena conclusa è figlia di decisioni errate, se non addirittura scellerate, assunte dal trio dirigenziale rossonero. Le scelte di mercato, orientate esclusivamente verso determinati parametri economici e guidate dalle statistiche del celebre algoritmo Zelus, sono state effettuate senza coinvolgere in modo adeguato l’allenatore. Un approccio tecnico freddo, meccanico, che ha finito per penalizzare la squadra.
Il metodo, in apparenza semplice, era il seguente: selezionare i profili sulla base dei dati, cedere o prestare chi non rientrava nei parametri, affidarsi a un allenatore capace, low cost, attratto dal prestigio del Milan e infine puntare al piazzamento Champions. Il tutto, auspicando magari anche un colpo di fortuna che potesse valere uno scudetto. Ma i risultati hanno smentito questa impostazione.
Ed è per questo che oggi, dopo un anno di transizione fallimentare, si volta finalmente pagina. Con l’arrivo di Igli Tare nel ruolo di Direttore Sportivo e di Massimiliano Allegri in panchina, il Milan sembra aver deciso di costruire un progetto tecnico solido, ambizioso e soprattutto coerente. Due figure di esperienza, abituate a gestire pressioni e a lavorare con obiettivi chiari. Se lasciati liberi di operare, potrebbero rappresentare la svolta tanto attesa.
Resta però una questione da risolvere: la comunicazione. Un altro campo in cui la dirigenza ha mostrato evidenti lacune. L’ultima dichiarazione di Furlani – “Per come siamo messi non abbiamo bisogno di vendere” – stride con quanto accaduto nelle settimane successive. Alcuni giocatori sono già in partenza, altri stanno preparando le valigie. Una discrepanza che ha disorientato e irritato buona parte della tifoseria, già provata da una stagione negativa.
Tra i nomi più chiacchierati figura quello di Mike Maignan. Secondo quanto riportato da MilanNews, il portiere francese sarebbe rimasto profondamente deluso dalla gestione del rinnovo contrattuale. Dopo un’intesa di massima raggiunta a febbraio, la società avrebbe improvvisamente interrotto i contatti, spinta dai dubbi emersi a seguito di alcune sue prestazioni poco convincenti. Il tutto senza una comunicazione trasparente, né verso il giocatore né verso l’ambiente.
Eppure, guardando con obiettività, è difficile non considerare i problemi fisici del portiere come un fattore determinante. Maignan ha saltato 11 giorni in questa stagione, 52 in quella precedente e addirittura 157 due anni fa, quasi sempre per guai muscolari. In un contesto economico-finanziario come quello attuale, una società ha tutto il diritto – se non addirittura il dovere – di valutare con attenzione il rendimento e l’affidabilità dei propri atleti.
Lo stesso discorso vale per Theo Hernández, autore di una stagione sottotono ma deciso a ottenere un aumento dell’ingaggio. La richiesta è legittima, ma altrettanto legittimo è il diritto del club di considerare ogni giocatore sacrificabile di fronte a una buona offerta. “Tutti siamo utili, ma nessuno è indispensabile”: un principio universale, che nel calcio assume ancora più valore. E come recita un vecchio adagio rossonero: “I giocatori vanno e vengono, ma il Milan resta”.
Secondo le indiscrezioni, Maignan sarebbe vicino al Chelsea, pronto ad accoglierlo già entro stasera, a patto di accontentare le richieste del Milan, che non scenderà sotto i 20 milioni. Theo, invece, avrebbe rifiutato l’Al Hilal, spingendo per un trasferimento all’Atletico Madrid. Anche in questo caso, però, servirà un rilancio da parte degli spagnoli.
Se lasceranno, lo faranno con nostra gratitudine e rispetto. Ma il Milan, con Allegri in panchina e Tare a costruire la squadra, troverà certamente alternative all’altezza.
Il Milan resta. E va avanti.

Articolo di
Fabio Caserini è tifoso milanista fin dall'età di sei anni, quando Gianni Rivera consegnò lo scudetto al Milan grazie ad un suo goal contro il Brescia.
È Direttore Responsabile di RossoneroBlog e insieme ad altre 5 persone è stato co-fondatore del gruppo privato Facebook Casa Rossonera.
Oggi è fondatore del gruppo privato Facebook Rossonerologia
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