Questa mattina a colazione come d’abitudine ho aperto i social e ho visto una serie di interventi di giornalisti vari su questa intervista che Paolo Maldini ha rilasciato a La Repubblica. Intervista che poi ho letto.
Potrete pensare quello che volete del sottoscritto ma voglio dire la mia sull’intervista e soprattutto sul tempismo di Repubblica a pubblicarla.
Non voglio tornare sui motivi per i quali è stato licenziato e nemmeno sui modi. Chi ha subito un licenziamento, per i più svariati motivi e cioè sia stato individuale o collettivo, sa benissimo che non è una situazione piacevole e non ci sono modi soft per farlo.
In un momento in cui il Milan sta soffrendo di un malessere evidente, la stampa non trova di meglio da fare che “infierire sul ferito” (o “sparare sulla Croce Rossa”, vedete voi) e tirare fuori un’intervista all’ex campione … un’intervista che avrebbe potuto fare benissimo mesi fa dato che Maldini è stato licenziato a giugno ma , guarda caso, di comune accordo con Paolino il quotidiano la pubblica adesso.
Il tempismo con il quale è stata pubblicata è quantomeno sospetto, perché leggendo frasi estrapolate dall’intervista ne viene fuori tutto il risentimento covato finora verso l’attuale proprietà, verso Scaroni, verso Furlani e per me tutto questo non fa bene alla sua immagine di “uomo Milan” ma anzi rafforza il pensiero di Adriano Galliani che affermò in passato che Maldini non avrebbe potuto far parte di una dirigenza rossonera perché “troppo orgoglioso”. Lo disse Galliani, uomo che ho personalmente conosciuto, uno che al Milan ci ha passato un gran pezzo della sua vita … non uno qualsiasi.
Un’intervista fatta apposta per generare più introiti pubblicitari e avere un piccolo innalzamento di lettori. La Repubblica infatti conta, come il Corriere della Sera, circa 210.000 lettori al giorno (tra carta stampata e versione digitale) su un totale della popolazione italiana di 59 milioni … e pensate, questi due sono i quotidiani più letti e con maggior tiratura … dopo quel pezzo di scienza intelletuale de La Gazzetta dello Sport.
Quindi Paolo, massimo rispetto per la tua storia di calciatore al Milan ma con questa hai fatto uno sbaglio. Se fosse vero ciò che hai affermato quando alla domanda sul perché arrivi ora con questa intervista rispondi che prima non era il caso per non parlare di pancia, questo non fa che deteriorare l’immagine di persona onesta che finora hai avuto perché per dichiarare certe cose avresti potuto benissimo farlo un mese fa quando il Milan era primo in classifica e le cose stavano andando tutto sommato bene.
Adesso invece, come ho detto prima, dai proprio l’impressione di aver calcolato i tempi e appositamente aver aspettato un segnale di cedimento per affondare il colpo e tirare fuori il rancore.
Ai miei occhi la tua immagine rimane quella con la maglia rossonera in campo … poi per quella successiva come dirigente non ci voglio pensare per evitare di avere l’immagine di un ex che, come un Mirabelli qualsiasi, si permette di dire “non si fa quello” oppure “avrei comprato quell’altro”.
Hai sbagliato.
Fabio Caserini è tifoso milanista fin dall’età di sei anni, quando Gianni Rivera consegnò lo scudetto al Milan grazie ad un suo goal contro il Brescia.
È Direttore Responsabile di RossoneroBlog e insieme ad altre 5 persone è co-fondatore del gruppo privato Facebook Casa Rossonera
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