14 Maggio 2025

RossoneroBlog

Fatti ed opinioni su AC Milan

RedBird, Boban e la crisi di visione del Milan

Il Milan è un’azienda, non una squadra: Boban ha ragione?

Ho seguito con attenzione l’intervista di Zvonimir Boban (cliccare qui). E devo essere sincero: non provo alcuna stima per Andrea Longoni, uno di quei giornalisti pronti a criticare il Milan al primo passo falso, salvo poi smorzare i toni quando le cose vanno bene. Lo stesso vale per alcune figure che Boban cita con rispetto, come Enrico Silvestrin, che a mio avviso è un ex DJ e musicista oggi impegnato a cercare consensi – e quindi visualizzazioni e pubblicità – con modalità piuttosto discutibili.

Ciò che sorprende è che Boban, pur avendo mostrato in passato un certo rancore verso il Milan, parli oggi con lucidità di problemi che molti tifosi denunciano da tempo. Lo stesso Boban non ha mai nascosto la sua frattura con il club, avvenuta durante l’era Elliott, dopo una nota intervista alla Gazzetta dello Sport che gli costò il licenziamento. Oggi, però, tocca temi importanti: la finale di Champions, la filosofia della proprietà e soprattutto lo stato del Milan.

Il punto centrale è uno: al Milan non manca la qualità tecnica, manca una visione sportiva coerente. È una riflessione che condivido pienamente. Più volte ho ribadito che il mercato – sia estivo che invernale – dovrebbe essere plasmato secondo le indicazioni dell’allenatore, non imposto dall’alto dalla proprietà. Troppo spesso ci si ritrova con una rosa fatta di giocatori che non si adattano alle idee del mister. E gli esempi, purtroppo, non mancano.

Una frase di Boban mi ha colpito particolarmente:

“Un fondo funziona così: se io compro per 10, loro vogliono che domani valga 15, sennò non c’è logica… non è gente di calcio. Tante volte non è stata neanche cattiveria, semplicemente non capiscono di calcio.”

È una verità amara ma concreta. I fondi come RedBird non sono appassionati di sport, ma investitori che gestiscono i soldi di altri per moltiplicarli. RedBird, come altri fondi – vedi PIF –, entra nel mondo del calcio con obiettivi finanziari. La differenza è come questi obiettivi vengono perseguiti. Elliott, ad esempio, opera con una logica completamente diversa: rileva società in difficoltà, le risana e le rivende. RedBird, invece, acquista club con poco debito, punta alla crescita del valore e alla rivendita con ampio margine.

Nel video Boban accenna anche ai mancati acquisti di Dani Olmo e Szoboszlai, decisioni attribuibili alla gestione Elliott. Ma ha ragione quando afferma che l’obiettivo di RedBird è il player trading: comprare a basso costo, valorizzare e rivendere. Una strategia legittima, se supportata da una struttura tecnica all’altezza.

Ed è proprio qui che RedBird ha fallito finora: ha affidato la gestione sportiva a persone che non hanno competenze calcistiche sufficienti. Non metto in discussione le capacità manageriali di Furlani o l’occhio di Moncada nello scouting. Ma entrambi non possono sostituire un direttore sportivo con esperienza sul campo e nelle trattative. I risultati, purtroppo, lo confermano.

Il Milan ha bisogno di una struttura chiara: Furlani all’amministrazione, Moncada allo scouting, e un vero DS a coordinare tutto, lavorando a stretto contatto con l’allenatore. Solo così si può costruire una squadra coerente, competitiva e sostenibile.

Ma finché la proprietà seguirà logiche puramente finanziarie, difficilmente cambierà qualcosa. Il paradosso è che RedBird avrebbe anche un margine di vantaggio rispetto ad Elliott: nello Sport Business, migliorare il valore sportivo di un club – vincere, competere, ottenere visibilità – è uno dei modi più efficaci per aumentarne anche il valore economico. Ma questo può funzionare solo se si comprende che una squadra di calcio non è un’azienda qualunque. Va gestita con passione, competenza e visione.

Solo allora torneremo a vedere un Milan davvero all’altezza della sua storia.


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